[Diario in prosa(*) del 23 ottobre 2011]
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William-Adolphe Bouguereau (1825-1905) Compassion (1897), particolare |
Reazione. Dopo una 'paura' che blocca il Tonnopensiero ed una 'pausa' che blocca il paradiso di Jimi arriva una reazione.
Nella poca voglia che mi circonda in questo mesto periodo, scarno di occasioni, arriva pure l'influenza. Arriva e se ne va, dopo qualche giorno in cui ha sabotato i miei programmi e la mia volontà.
Meno di un mese fa moriva Steve Jobs, qualche giorno fa Gheddafi, oggi Marco Simoncelli. Nulla di più distante delle vite di questi tre comuni mortali, accomunati invece dal triste epilogo della vita loro e, forse, da grandi ricchezze.
Non so se la formazione e la crescita in un forte contorno cristiano abbiano influenzato in me una sorta di insita compassione o se, invece, è una predisposizione che abbiamo, chi più chi meno, dalla nascita. Fatto sta che queste notizie hanno contribuito ad intristirmi. La foto di Steve con la mela in mano mi ha commosso molto, la morte di un giovane come Marco di più.
E' come se il mondo andasse verso una maggiore serietà, maggiore tristezza e, per contro, minore compassione. Ad un italiano, per ora, tende ancora a colpire molto un evento di questo tipo, evento che è e rimane mediatico, perchè dei ventenni che muoiono ogni fine settimana sulle strade non parla nessuno; mentre per un qualsiasi cittadino del mondo è un evento come tanti, che scivola via, si dilegua nel fiume degli eventi che chiamiamo storia dell'uomo. Show must go on cantavano i Queen, lo spettacolo deve continuare e domani arriveranno altre morti.
Mi sento davvero vuoto alla notizia di questi eventi. Scrivevo 'ho paura', ma ora ne ho molta di più e per ben altri motivi. Mi fa paura la freddezza con la quale questo mondo neo-medievale fagocita le notizie, mi fa paura l'indifferenza con la quale vengono accolte.
Ma, forse, è proprio questa la storia dell'uomo. Un lutto non è tale finché non mi colpisce in prima persona, non mi toglie qualcosa di importante, e non parlo necessariamente del povero dipartito. Chissà se la disperazione del padre di Marco, per esempio, non fosse dettata più dalla paura di un futuro, ora, ancor più incerto che non dalla tristezza in sé? Questa domanda me la sono sempre posta di fronte ad un lutto. Cosa c'è di più egoista della lacrima del funerale: piango perchè non ho più! Piangiamo perchè non possiamo più vivere di ciò che condividevamo con chi è venuto a mancare. La disperazione è per definizione un atto egoistico. Reazione.
La tua vita per la sua! Forza, vediamo chi si fa avanti? Se rispondi si con sincerità vuol dire che sei triste con altrettanta sincerità, non condividi la tristezza altrui. Se ti ritrai, invece, il tuo sentimento non è sincero. La compassione è, quindi, una farsa di convenienza e lo è a maggior ragione per chi è credente: se ammetti una vita ultra terrena non dovresti essere triste per chi muore e, ancora, se lo sei mi torna ancora in mente quell'egoistica tristezza a cui ho pensato qualche riga prima: sono triste perchè non è più con me, anche se sta meglio... Ovviamente, parliamo sempre di chi muore...
Anch'io mi sento triste di fronte ad eventi come quelli di oggi, ma non mi sentirei di dire 'prendete me al suo posto!', sono allora un falso? Provo sentimenti non sinceri? Può darsi... Quel che è certo è che mi dispiacerebbe che lo show andasse avanti anche senza di me e, questo, sarà un problema per quando sarò più vecchio... Per ora, ho voglia di ritornare!