Sottotitolo: Uscire dalla propria maledizione!
M.R.4.X.2014
Il destino di ogni uomoè personale solo perchè può accadereche assomigli a ciò che è giànella sua memoria.
E. Mallea
Una stella nera appare, uno punto oscuronella chiarità del cielo notturno.Luogo oscuro e punto di passaggio verso il riposo.Raggiungilo, attraversa il fine tessuto di questocielo protettivo, riposa.
P. Bowles - Il cielo protettivo
Nella mia vita è capitato, raramente ma è capitato, di avere dei momenti fortunati, come dire dei picchi improvvisi di successo.
Pensavo l'altro giorno che aver tentato di chiudere con certe situazioni non mi ha garantito che queste stesse situazioni abbiano la voglia di chiudere con me.
Succede così che, come in una storia dall'eterno ripetersi, questi sprazzi di speranza siano tornati a farsi vedere e con loro, immancabili, le mie maledizioni.
Ho capito, quindi, che il mio destino è genetico, sta scritto nei miei geni, proprio così: nella mia famiglia!
Pertanto ci devo convivere. E, in effetti, tutta la mia vita è stata condita dalla tragedia e sono stato io a non avere la forza, il coraggio di distaccarmene.
Ma poi, avrei potuto farlo? Ho sempre pensato che quella voce interiore che mi diceva di fregarmene, di non impegnarmi così tanto, non solo aveva ragione col senno del poi, ma stava semplicemente dicendomi "non vale la pena", "stai sprecando il tuo tempo, goditelo!".
Sono stanco, me lo dice il mio fisico tutto.
La mia mente, furba, ormai alla deriva tenta il "gioco dell'ubriaco" in un ultimo, disperato, tentativo di sopravvivenza.
Percepisco, sento, di non avere comunque scampo, intuisco che se ci son state delle buone carte, ormai le ho giocate.
Non sento più mio il mondo: lo osservo, capisco che è invecchiato male e non ne voglio fare parte.
Non mi sento più parte della mia famiglia, ho smesso di amarla senza volerlo, non ne sono più capace.
Nausea. Vomito.
Un troppo breve salto nella luce alta mi fa ripiombare, più consapevole, nel buio che mi ha sempre circondato e che mi sono accorto di osservare ormai come albero nella nebbia.
Chissà come sarebbe stato avere una vita? Dieci anni, chiedo solo dieci anni...
Ho superato il temuto e preventivato punto di non ritorno: non ho più voglia di ricominciare, non è più il tempo, non cambierebbe nulla...
Il mio corpo ha parlato: questo mondo non ha più nulla da darmi!